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ESISTONO LIBRI NECESSARI. EISTONO VITE NECESSARIE.



Zeitgeist, spirito del tempo. Ci sono alcune persone che riescono ad esprimere l'aria di un'epoca, decidere il colore di un periodo: la loro vita diventa la collana all'interno della quale si svolgono i singoli episodi caratterizzanti la storia di una nazione.
In questo caso la nazione è l'Italia; la "collana" è la vita, per l'appunto, di un editore: Giangiacomo Feltrinelli.

Mauro Monni porta sul palco del Teatro dei Limoni il monologo "Feltrinelli, una Storia Contro – Vita e morte di un miliardario anarchico". Pochi sanno chi sia stato Feltrinelli.
Figlio di una ricca borghesia, fin da ragazzo mostra la sua insofferenza verso gli ideali famigliari, preferendo scegliere le montagne partigiane alla corte regia di Umberto I.
In un' Italia difficilmente repubblicana e facile alla analfabetizzazione, il "compagno Feltrinelli" coltiva un sogno: aprire una libreria. Lo farà e saranno delle librerie strane, mai viste, piene di libri e poster inneggianti al sogno socialista e biliardini: veri e propri circoli dove poter vivere "con" la cultura e non solo "di". Ma Feltrinelli farà di più: riuscirà ad aprire una casa editrice tutta sua. Tra mille difficoltà fatte di censura, KGB e zone scure, dà alle stampe il primo romanzo di un poeta russo, inviso al regime sovietico, riuscendo a fare un successo clamoroso, mondiale. Il romanzo è "Dottor Zivago" di Boris Pasternak. Giangiacomo, ormai famoso in tutto il mondo con la sua piccola casa editrice, è a caccia di manoscritti innovativi, di quelli che Mondadori, ad esempio, non pubblicherebbe mai. E così a Cuba Fidel ed Ernesto Guevara fanno la rivoluzione e lui ha la possibilità di pubblicarne la storia raccontata dalla viva voce del leader maximo. Vedendo Cuba, e saggiando dal vivo i benefici della rivoluzione socialista, però, per Feltrinelli cambierà tutto: convinto che sia ora, anche in Italia, di una rivoluzione, entra in clandestinità, e, inseguito da polizia e servizi segreti, diventa uno dei punti di riferimento del movimento del '68. Giangiacomo, muore vicino Milano. La sua morte è avvolta nel mistero tra chi piange per un incidente casuale e chi urla all'assassinio organizzato.

Tutto, nella storia di Feltrinelli, è Storia. Monni, nel suo racconto appassionato e appassionante, ci porta tra villaggi della rivoluzione bolscevica, nella Cuba rivoluzionaria, in Italia. L'Italia della "strategia della tensione", delle morti di Stato, dei tentativi di golpe militari, di Pinelli che "si butta dalla finestra" o Impastato "che si fa saltare in aria". In quella che è la parte più interessante e suggestiva dello spettacolo, Monni elenca i morti di quelle stragi irrisolte di Stato, da piazza della Loggia a Ustica passando per l'attentato al treno Italucus. Morti di una democrazia, dice, di una democrazia, però, smemorata, poco cristallina, oscura(ntista) e carburata dal sangue di tanti innocenti. Eppure, sembra dire l'attore, ormai tutto passa sotto il lenzuolo della normalità che nascode la polvere di una Repubblica Democratica, forse poco democratica. Troppo semplistico, però, da parte dell'attore, identificare il lenzuolo nel "tette e culi" di un regime mediatico pur colpevole. Semplicistico perchè sembra assolvere i cittadini disegnandoli come sole vittime. In effetti Monni sembra voler sferrare il colpo verso quell'indifferenza di gramsciana scrittura, ma il colpo non arriva mai a fondo.
Ritrovando nel racconto della vita di Feltrinelli e nelle digressioni caustiche e taglienti sulla democrazia italiana le parti vincenti del monologo, non convince il finale. Il monologo esce troppo da se stesso, assumendo i contorni di un appello comiziante e demagogico che, probabilmente, ingentilisce troppo uno spettacolo che ha le sue forze nella ruvidità, nell'attacco non diplomatico e nel sapore amaro di chi sa e non viene creduto.
Come, appunto, in tutta la sua vita, è accaduto a Giangiacomo Feltrinelli.


Christian di Furia

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Illustrazioni Simona Versi



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